Solitamente faccio un uso piuttosto critico della farina di castagne, a mio avviso adatta alla preparazione della pasta fresca, ma non sempre ai dolci, anche se per esempio nella cucina settentrionale se ne abusa
Nella cucina settentrionale, la farina di castagne entra in moltissime preparazioni tradizionali. Ma noi meridionali facciamo le cose a modo nostro, e quando è possibile cerchiamo di usufruire delle tante, tantissime materie prime che il territorio ha da offrire. Non che loro, i settentrionali, non abbiano materie prime, ma siamo abituati, da generazioni, a sfruttarle in maniera differente, godendo della bella stagione in gran parte dell’anno e disponendo spesso di prodotti di stagione freschissimi. Il clima è differente e va da sé anche le proposte naturali del territorio seguono le logiche del meteo.
Questo è il mio approccio, per esempio, alle castagne, e quindi alla farina di castagne. La castagne fresche presentano sempre una qualità superiore alla farina di castagne ed è per questo che io le privilegio nei miei dolci. Prendete il castagnaccio, che è una ricetta tradizionale toscana: i toscani utilizzano soltanto farina di castagne per la preparazione, ma io preferisco usarne un terzo e i restanti due terzi rimpinguare la farina di grano e la purea di castagne fresche. Ecco perché un castagnaccio meridionale e uno settentrionale sono molto differenti al gusto: perché sono differenti gli ingredienti di partenza.
La farina di castagne possiede inoltre un sapore acre al palato e quindi questo gusto va eliminato in qualche modo (in Puglia, per esempio, il castagnaccio si avvale dell’aggiunta di mandorle dolci, per comprendere quanto questo bisogno sia impellente). È però accettabile, a mio avviso, l’utilizzo della farina di castagne nella pasta fresca o nella pasta preparata in maniera artigianale o tradizionale. Per i piatti salati, infatti, la questione del sapore acre passa in secondo piano, in particolare secondo i condimenti che si sarà scelto di preparare.